
Il Presidente della Confederazione Svizzera, Ueli Maurer, al centro, e alla sua sinistra la Sindaca di Vevey
Il confronto tra Svizzera e Italia é impietoso.
É sufficiente verificare qualsiasi tipo di indicatore, economico, lavorativo, fiscale, sociale, formativo, persino quelli che misurano la felicità della popolazione, per constatarlo.
Perché l’Italia è una nazione devastata, divisa e sull’orlo del tracollo, mentre la Svizzera è un indiscusso successo planetario?
Si potevano trovare molte risposte a questa domanda, in maniera quasi tangibile, nella giornata del tutto particolare che abbiamo avuto l’opportunità di vivere in Svizzera.
Quasi una summa dei segreti del successo svizzero.
Il 1 agosto é la Festa Nazionale svizzera, una giornata sentita e partecipata concretamente da tutti i cittadini elvetici.
Non una ricorrenza puramente istituzionale, fatta di inutili parate militari e di alte cariche dello stato che assistono dal palco delle autorità, come avviene in Italia il 2 giugno, ma un’autentica e coinvolgente festa popolare.
Abbiamo trascorso la giornata del 1 agosto a Vevey, nel Canton Vaud, nella parte francofona della Confederazione.
Proprio quest’anno si rinnova nella cittadina sul lago Lemano una tradizione che si compie soltanto ogni vent’anni circa e in ogni caso non più di quattro volte per ogni secolo: é la Fête des Vignerons, la Festa dei Vignaioli.
Per tre settimane, tra metà luglio e metà agosto, in un’imponente arena da 20 mila posti, appositamente allestita in riva al lago, si svolge uno spettacolo magico e maestoso, quest’anno curato dal regista e coreografo che ha all’attivo tra l’altro le inaugurazioni olimpiche di Torino 2006, Sochi 2014 e diverse collaborazioni con il Cirque du Soleil.
É la Fête des Vignerons, che rinnova la tradizione e ricorda le radici e i valori del lavoro agricolo, in particolare di quello che da secoli impegna con dedizione e passione i vignaioli svizzeri sui ripidi crinali del Lavaux a picco sul lago Lemano.
In una piccola nazione, con appena 8 milioni e mezzo di abitanti, questo spettacolo attrae a Vevey quasi 1 milione di persone, ma soprattutto coinvolge attivamente quasi 6 mila volontari che contribuiscono, a titolo completamente gratuito, alla realizzazione dello spettacolo per le tre settimane di repliche.
Sono attori, comparse, coristi che mettono spontaneamente a disposizione della collettività il proprio tempo e il proprio impegno nel tipico spirito di servizio per la collettività che caratterizza gli svizzeri.
Ho trovato significativa anche la maniera con la quale il Presidente della Confederazione, Ueli Maurer, ha partecipato alla Festa.
L’abbiamo visto arrivare all’arena, camminando tra la folla per le vie di Vevey, più o meno come un cittadino qualsiasi, apparentemente senza scorta e senza codazzi di portaborse, assistenti e giornalisti. L’abbiamo riconosciuto solo perché l’avevamo appena visto in televisione...
Un’immagine lontana anni luce da quella offerta abitualmente dai nostri governanti di qualsiasi partito.
Ed il discorso che il Presidente ha tenuto alla nazione, prima dello spettacolo della Fête des Vignerons, ha riassunto tutti quei concetti che fanno della Svizzera un modello vincente: la democrazia diretta, il federalismo, il grande senso di responsabilità, il rispetto delle minoranze ed infine il "sistema di milizia", in base al quale ogni cittadino si mette a disposizione, secondo le proprie possibilità, del bene comune.
Proprio come le migliaia di volontari protagonisti della Fête des Vignerons.
Gli svizzeri, assai più degli italiani, rappresentano differenti e spesso distanti opinioni e punti di vista, culturali, linguistici, religiosi, sociali e politici, ospitano e integrano efficacemente tra loro una quantità enorme e variegata di stranieri provenienti da tutto il mondo, eppure sono sempre in grado di anteporre pragmaticamente il bene e l’interesse comune, attraverso una politica di compromessi costruttivi che possibilmente concilino le esigenze e le aspettative di tutti, invece della chiusura e della contrapposizione per principio, della tipica prepotenza di voler far prevalere i propri interessi di parte, se non individuali, che invece contraddistinguono costantemente la realtà italiana.
A Vevey abbiamo respirato lo spirito di una comunità, quasi una grande famiglia multietnica, fiera del proprio passato come decisa a preservare il proprio presente di benessere.
C’è un passaggio, nel discorso ufficiale del Presidente Maurer, che mi ha colpito in modo particolare:
«Possiamo considerare la Svizzera come una sorta di eredità, come un regalo prezioso che abbiamo ricevuto. Un'eredità può essere sperperata o sprecata, ma può anche essere migliorata per essere trasmessa alle generazioni future con un valore aggiunto. Questo deve essere sempre il nostro obiettivo».
Questo preciso concetto si attaglia esattamente alla situazione della Sardegna e dei sardi.
Anche noi abbiamo ricevuto dal destino un’eredità favolosa, una terra meravigliosa al centro del Mediterraneo, con una storia millenaria e un potenziale di benessere enorme.
Eppure sappiamo come purtroppo siano sempre andate e tuttora vadano invece le cose.
Stiamo dissipando dissennatamente, giorno dopo giorno, la grande ricchezza ricevuta in sorte, lasciandoci alle spalle il deserto, non offrendo alle nostre generazioni future alternative alla fuga dall’isola...
È per questo che la Svizzera deve essere il nostro modello.
Perché "Forza Paris", Tutti Insieme, in Sardegna é rimasto soltanto un slogan vuoto e puramente retorico, mentre la Svizzera, declinandolo nelle quattro lingue nazionali, ha fatto di questo principio il più importante pilastro del proprio successo.