
La "battaglia dei pastori" che in queste settimane sta imbiancando le strade della Sardegna con il latte di pecora, attirando enorme attenzione mediatica, é il risultato più evidente di una crisi del settore ovino che nell’isola si trascina, tra alti e bassi, ormai da decenni.
Già nel 2001 i pastori sardi fecero arrivare, nel corso del G8 di Genova, la propria protesta a livello internazionale, per poi proseguire, negli anni successivi, con iniziative più o meno eclatanti, sino alle manifestazioni in corso in questi giorni.
https://www.agi.it/cronaca/latte_protesta_pastori_sardi-5004954/news/2019-02-15/
La filiera del latte ovino sardo, con tutti i suoi grandi limiti, portati oggi all’attenzione pubblica dalla clamorosa protesta dei pastori é l’esatto specchio dei limiti della Sardegna: una terra da favola baciata dal destino, con ambienti naturali, storia e tradizioni se non unici, comunque estremamente rari in giro per il mondo e certamente esclusivi in Europa e nel Mediterraneo, abitata da un numero limitato di persone, con enormi territori scarsamente popolati e quasi incontaminati.
Ma anche una terra povera, con scarse prospettive per i suoi abitanti, con un presente di abbandono da parte delle nuove generazioni: una terra che invecchia, si spopola e con un futuro sempre più scuro.
I limiti del settore, quello ovino che tanto caratterizza la nostra isola, sono infatti il risultato dell’assenza complessiva di formazione e di istruzione, intesa come insufficiente consapevolezza, delle scarse capacità commerciali e di marketing, accompagnate dalla dipendenza assoluta dall’assistenzialismo pubblico: non sappiamo valutare compiutamente le nostre ricchezze, tantomeno sappiamo valorizzarle e vendercele, preoccupandoci invece soprattutto di cercare di ottenere sussidi pubblici.
Esattamente come per tutti gli altri settori produttivi che dovrebbero essere trainanti, quello turistico in prima linea.
Non ci rendiamo del tutto conto della enorme ricchezza sulla quale siamo seduti, ma soprattutto non siamo in grado di farla fruttare adeguatamente.
E la politica sarda, essenzialmente, accompagna da decenni in maniera più che colpevole questa situazione, senza cercare di modificarne, in maniera strutturale e convinta, l’errata impostazione e correggerne i vizi storici, limitandosi a realizzare interventi che non sembrano avere il corretto coordinamento e inquadramento in un disegno coerente e unitario.
Sulla questione ho appena letto con molto interesse l’intervento di Andrea Cabiddu e Giovanni Molle, due qualificati ricercatori e tecnici dell’Agris - Agenzia per la Ricerca in Agricoltura, l’ente regionale che ha la mission di “favorire lo sviluppo rurale sostenibile, tutelare e valorizzare le biodiversità, accrescere la qualificazione competitiva della propria struttura nel campo della ricerca”.
https://www.gamberorosso.it/notizie/la-crisi-del-latte-di-pecora-in-sardegna-lanalisi-di-agris/
Diversi sono i concetti chiave che emergono da questa analisi che presenta i risultati delle ricerche sul campo, che sottolineano l’esclusività prettamente sarda del latte, dei formaggi e degli altri derivati, provenienti dell’allevamento estensivo di pecore, lasciate a pascolare allo stato brado a brucare l’erba dei pascoli della Sardegna, rispetto a quello prodotto altrove da animali rinchiusi in stalle e alimentati con fieno e mangimi industriali:
- il latte sardo di pecora, e di conseguenza i formaggi prodotti partendo da questa materia prima, hanno caratteristiche superiori in termini nutrizionali e salutistici, ma anche sensoriali e di gusto;
- ci sarebbero tutti gli ingredienti per offrire al consumatore attento nuove esperienze alimentari di prodotti legati al territorio d’origine, esaltandone le differenze e rendendoli inimitabili;
- è necessario prestare la dovuta attenzione alla formazione delle nuove generazioni, sin dalla scuola primaria «al fine di informare e formare i consumatori di oggi e domani: mangiare non deve essere un assumere cibo a sazietà ma un piacere da gustare, possibilmente in compagnia, con i sensi e con la mente».
La strada da intraprendere dovrebbe essere segnata e questi tecnici della Regione, hanno anche le idee chiare sul come percorrerla e, come appare dal loro articolo, l’entusiasmo per guidare la missione che li impegna.
Eppure il percorso, comunque tutt’altro che semplice in una realtà globale molto competitiva dove tutti sono sempre più attrezzati, stando ai fatti, sembra bloccarsi al primo ostacolo rappresentato dal mercato.
In un mondo orientato sempre più verso esperienze esclusive, dominato dalla comunicazione evocativa, influenzato dallo storytelling, non dovrebbe essere impossibile trovare il modo più efficace per raccontare e diffondere una “storia del formaggio tipico, degli antichi pastori, delle pecore sarde che brucano l’erba dei pascoli dell’isola al centro del Mediterraneo".
Il mitico prosciutto spagnolo, l’jamon serrano, è solo uno degli esempi di riferimento in tal senso.
Non è certamente un caso se l’Jamon Pata Negra de Bellota, arriva ad essere venduto ad oltre 250 euro al kg, quando nella GDO si trova anche il disossato estero a meno di un decimo di quel prezzo.
Ma nel mondo si sa tutto di quei maiali spagnoli dalle unghie nere, dalle cui cosce si ricavano i preziosissimi prosciutti, del fatto che vivono in montagna allo stato brado nutrendosi solo delle ghiande dei boschi che rappresentano il loro habitat naturale...
Una storia favolosa ed evocativa, abilmente costruita, che ha fatto la fortuna di decine di migliaia di allevatori spagnoli, non solo delle eccellenze, come il leggendario Manuel Maldonado e i suoi 50 maiali, super selezionati e coccolati, raccontati dal sito Dissapore, riferimento web per i gourmet italiani.
Una leggenda, Maldonado, perfettamente strumentale alla costruzione del mito mondiale del Pata Negra e, più in generale del jamon serrano, in grado di tenerne sempre alta richiesta e quotazioni.
https://www.dissapore.com/spesa/prodotti/pata-negra-guida-al-prosciutto-piu-caro-del-mondo/
Dobbiamo essere consapevoli che la nostra può diventare un’Isola dei Tesori, dobbiamo imparare a conoscerla (e a rispettarla) nella maniera corretta, valutandone punti di forza e di debolezza, a saperla descrivere nella maniera migliore, iniziando ad applicare la fantasia alla realtà per raccontare la favola della Sardegna.
Non certo restare ad aspettare che l’elemosina ci cada dal cielo, invocando aiuti estemporanei e interessati.
E mettendo, finalmente da parte divisioni, tifoserie e contrapposizioni.... per l'obiettivo comune del bene della Sardegna.
Uno dei più autorevoli candidati all'elezione a Presidente della Sardegna, il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, ha utilizzato durante la campagna elettorale, come proprio slogan, la frase "Tutta un'altra storia".
L' "altra storia" alla quale penso personalmente è proprio quella che ho sin qui descritto.
A questo, che può e deve essere il nostro futuro, spero che ambisca, finalmente, anche la classe politica che dovrà guidare la Sardegna nei prossimi anni: le idee, le professionalità, le persone, i tanti sardi di buona volontà, attendono pronti a intraprendere nuovi percorsi, per scrivere altre storie.