Dai binari ai pedali. Un'ottima idea vanificata...

Sono trascorsi poco più di cento anni da quando la ferrovia rompeva finalmente l’isolamento di tanti paesi dell’interno della Sardegna, con tracciati che collegavano le diverse zone dell’Isola creando aspettative di sviluppo e prosperità che sicuramente, in gran parte rimasero disattese.

 

Tra queste, la linea Villacidro-Isili, con la diramazione da Villamar per Ales,  inaugurata il 21 giugno 1915, metteva in relazione delle zone, il Monreale con il Sarcidano, passando per la Marmilla che, almeno apparentemente, non sembravano avere un granché da condividere.

 

In quegli anni dell’inizio del secolo scorso, Isili che faceva da crocevia di questa nuova linea ferroviaria e di quella che da Cagliari arrivava sino a Sorgono e poi ad Arbatax, era diventata un po’ il centro di un mondo che ruotava intorno a quei binari, aumentando i propri residenti,  dal 1911 al 1961, di quasi mille abitanti, da 2.489 a 3.440.

 

Ma appena quarantun’anni dopo quella domenica di inzio estate, che coincideva anche con l’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, il primo luglio del 1956 i treni facevano il loro ultimo viaggio da Villacidro a Isili e viceversa.

Il progresso, e con esso lo sviluppo dei trasporti pubblici su strada avevano messo prematuramente fine a quella breve esperienza ferroviaria e con essa a tutti i sogni di un futuro economicamente più radioso per le comunità di quelle zone periferiche della Sardegna.

 

Nei giorni scorsi abbiamo percorso un tratto del tracciato originario di quella ferrovia Villacidro - Isili, precisamente quello che va da Nuragus sino a Isili.

Ci siamo fermati a mangiare i nostri panini sui gradini di quella che era stata la sala d’attesa della stazione di Sarcidano, ormai popolata solo di fantasmi, a valle di Isili dove avveniva l’incontro con la linea per Cagliari, Sorgono e Arbatax.

 

Un’affascinante sensazione di abbandono, permeata dei ricordi sospesi e delle storie di vita delle migliaia di viaggiatori che avevano atteso quel treno, erano saliti su quei vagoni per studio  per lavoro, per amore o anche per andare a morire in guerra, tra il 1915 e il 1956, avvolgeva la stazione di Sarcidano, spazzata dal maestrale in una domenica di fine ottobre del 2017.

Con due solitari cani randagi a farci compagnia, così disabituati dalla presenza umana, da allontanarsi timorosi al nostro minimo gesto.

Oggi, nel nuovo millennio il mondo è radicalmente cambiato, sono mutate le prospettive, é variata la velocità dei trasporti ma anche delle relazioni, in molti casi le distanze sono state annullate dalla digitalizzazione delle informazioni e anche dei rapporti, la globalizzazione ha appiattito le produzioni e spesso anche gusti ed emozioni.

 

In questo scenario, dove la consapevolezza ambientale e culturale sta prendendo sempre più piede, la sostenibilità da una parte, il recupero e la valorizzazione dell’unicità delle tradizioni, dall’altra, sono diventate le basi sulle quali costruire un nuova forma di economia che potrebbe ridare speranza ad intere aree territoriali, che altrimenti rimarrebbero sempre più tagliate fuori e destinate a un inesorabile declino.

 

É per questi motivi che si è pensato, correttamente, di replicare anche nella Marmilla e nel Sarcidano le esperienze positive già sperimentate in tante altre aree del mondo occidentale: passare dai binari ai pedali, trasformando la via ferrata in una pista ciclabile.

 

«La realizzazione di una pista ciclabile che recuperi la memoria dell’antico tracciato ferroviario e che costituisca il canale di accesso agli attuali centri di produzione culturale del territorio ed ai luoghi che custodiscono le impronte delle antiche e leggendarie civiltà che li hanno abitati, diventa allora non solo un semplice gesto di riconversione di un percorso esistente ma l’espressione di un nuovo modo di pensare l’economia e la cultura della Marmilla»

 

Questo è il presupposto del progetto con il quale si intende estendere il percorso cicloturistico sino a Sanluri, come sintetizzato  in un articolo pubblicato sul “Trimestrale del Laboratorio Territorio Mobilità e Ambiente”, a cura del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio Università degli Studi di Napoli.

Ma come spesso accade, nel passare dai progetti alla loro realizzazione, anche le migliori intenzioni si perdono, diventando delle realtà inefficienti.

É proprio il caso di quel primo tratto di ciclabile che ho percorso in bici, otto chilometri da Nuragus al lago di Is Barroccus, a valle dell’abitato di Isili.

Realizzato nel 2007, lungo il tracciato della vecchia ferrovia,  rappresentava il progetto pilota Macimed, acronimo di “Mobilità Alternativa Cicloturistica Isole MEDiterraneo”, finanziato con fondi europei per la enorme cifra di 800.000 euro. 

Una cifra, pari a 100 mila euro a chilometro, imponente soprattutto perché é veramente difficile, se non impossibile, trovarne traccia lungo il percorso: una strada bianca, con una decina di normali cartelli stradali che nemmeno la indicano efficacemente, qualche tratto con un inutile guard rail in legno, ormai in parte rovinato dal tempo e dall’incuria, con qualche vecchio casello ferroviario diroccato, sul quale nessun intervento di manutenzione é stato fatto, dopo la chiusura della linea nel 1956.

 

Che fine abbiano fatto tutti quei soldi é un autentico mistero. Non ho praticamente trovato traccia di quella realizzazione nemmeno sul web.

 

Ma a parte questo spreco di soldi pubblici, quello che é più sconcertante e triste, é la totale assenza di programmazione e di promozione, indispensabili per far vivere questo tracciato, per farlo diventare effettivamente una risorsa economica (per qualcun altro oltre che per coloro che si sono in qualche modo spartiti gli 800 mila euro di fondi comunitari).

Della pista ciclabile Nuragus - Isili si trovano vaghe tracce sul web, un minimo cenno nel sito ufficiale del Turismo della Sardegna, quando si parla di Isili (ma non di Nuragus, da dove in effetti parte la pista)  «la vecchia ferrovia che portava nel Medio Campidano, ora in disuso, è stata parzialmente trasformata in pista ciclabile, perfetta per mountain bike».

Non esiste una segnaletica che la indichi concretamente, e occorre affidarsi al fiuto per trovarla, anche una volta arrivati a Nuragus o a Isili, solo un vecchio cartello arrugginito ricorda, quasi come un monito, gli 800 mila euro investiti per la sua realizzazione.

Servizi di ristorazione, attività ricreative complementari, punti  di noleggio o assistenza alle bici, nemmeno a parlarne.

 

Risultato finale, in una tiepida domenica di ottobre, solo parzialmente disturbata dal vento, i bei paesaggi che si possono ammirare dal piacevole percorso erano tutti per noi, solo per noi: non abbiamo incontrato una sola persona, soltanto i già citati cani timorosi e qualche centinaio di pecore...

Superfluo aggiungere che la nostra presenza solitaria non ha lasciato sul territorio un solo centesimo: consapevoli di ciò che ci aspettava, i panini e l’acqua li avevamo comprati a Cagliari dove, prudenzialmente, avevamo anche fatto benzina...

Come considerare, se non totalmente inverosimili e fantasiose, le cifre proposte dall'Unione Sarda in un articolo di qualche tempo fa:  «Ogni chilometro attrezzato per le due ruote genera un indotto sino a 350mila euro» ???

Cifre sparate a casaccio, nella logica dell'improvvisazione che troppo spesso contraddistingue le iniziative, anche quelle mediatiche in Sardegna.

http://www.comunecagliarinews.it/rassegnastampa.php?pagina=59336

Ma constatato che l’idea del cicloturismo non funziona, i nostri fervidi amministratori pubblici non si sono certo persi d’animo.

Si può puntare ed investire (fondi comunitari e non solo), senza esitazioni, su altri “attratori”.

 

Ecco quindi la pesca sportiva lacustre, come se fosse immaginabile, che un turista, arrivando con la sua bella canna attratto dalla prospettiva di catturare un esemplare di tinca, si premunisca di passare prima in Via Pessagno a Cagliari, per la «licenza di pesca sportiva di categoria B da richiedere all’Assessorato dell’Agricoltura e Riforma Agropastorale» ....

 

O invece anche pensare di poter attirare un turista iper-tecnologico con l’offerta del Free WI-FI in riva al lago.

Dovrebbe essere scontato che anche le buone idee, se non opportunamente pianificate ed inserite all’interno di un programma unitario e coordinato, se realizzate singolarmente e spesso anche in maniera approssimativa, non potranno mai produrre alcun risultato apprezzabile.

 

O si decide finalmente di fare uno sforzo concreto per promuovere il Turismo in tutte le sue forme, di farlo in maniera seria e con professionalità, oppure la Sardegna, nonostante le sue ricchezze potenziali e irripetibili diventerà sempre più come la stazione di Sarcidano, abbandonata e cadente, o come oggi il lago di Is Barroccus, che dopo una lunga siccità  é ormai desolato  e vuotato di tutte le sue energie.

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