Il Buco nero dell'ex Arsenale di La Maddalena

 

 

"Questa storia  è come un buco nero nella mia storia professionale e personale"

 

(Architetto Stefano Boeri, progettista delle opere di riqualificazione dell'ex Arsenale di La Maddalena)

Vagabondando sul web mi sono imbattuto nel - Dossier Vertice G8 - pubblicato nel 2009 sul sito della Protezione Civile per descrivere con enfasi i mirabolanti successi e il radioso futuro dell'Arsenale di La Maddalena.

http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp;jsessionid=2F13FA396B1FCE5849BADE12610CC252?contentId=DOS309

 

Una lettura che è come un pugno nello stomaco, osservando quale è stata la tristissima sorte di quell'opera, che, senza ombra di dubbio, rappresenta nella storia recente il più grande fallimento dello stato italiano in Sardegna. 

Sempre a non voler considerare quell'investimento di quasi trecentocinquanta milioni di euro, come forse sarebbe più corretto, la più cospicua truffa perpetrata ai danni dei cittadini, non solo della Maddalena, ma della Sardegna intera.

 

Perché è evidente che il solo frettoloso spostamento del G8 dalla sede originaria della Maddalena a L'Aquila non è stato che un piccolo tassello di questa vicenda disgraziata. 

Poco o nulla sarebbe infatti cambiato per il futuro della struttura se anche avesse ospitato per una settimana i grandi della terra.

Quanto è accaduto prima, con le ruberie immense  durante i lavori di realizzazione delle opere, e quanto avvenuto dopo, con l'abbandono delle stesse, non dipendono certo dal fatto che Obama, la Merkel o Sarkozy non abbiano soggiornato nell'isola.

 

Eppure la Protezione Civile affermava nel dossier, «Progettare il G8 in Sardegna, e progettarlo alla Maddalena, è stata una scelta strategica per la valorizzazione, lo sviluppo e il rilancio dell’isola. Il G8 lascia un’eredità importante nell’isola della Maddalena: un patrimonio di strutture e infrastrutture realizzate in tempi record per il grande evento internazionale e oggi pronte a contribuire in modo rilevante al rilancio del territorio»

 

Appare beffarda, alla luce dell'attuale situazione, l'affermazione, contenuta nel documento pubblicato dalla Protezione Civile, secondo la quale «gli interventi di recupero e valorizzazione dell'area dello storico Arsenale della Marina Militare» avrebbero dovuto evitarne «il rischio di un grave processo di degrado in seguito alla sua dismissione ».

 

Secondo il troppo ottimista redattore del dossier, l'Arsenale di La Maddalena poteva legittimamente aspirare a diventare «un polo turistico e marittimo tra i più importanti del Mediterraneo occidentale, segnando in modo definitivo la transizione da un’economia militare ad una civile» e grazie all'utilizzo delle più moderne tecnologie ecocompatibili anche «un modello di pratiche sostenibili, in grado di preservare la qualità straordinaria del paesaggio mediterraneo e la biodiversità naturale che contraddistinguono l’arcipelago della Maddalena ».

 

La realtà, come sappiamo è stata diversa: delle grandi manifestazioni sportive che il porto rinnovato avrebbe dovuto ospitare si ricorda soltanto un pallido preambolo  alla Coppa America di vela, svoltosi nel 2010.  

Mentre di quel «grande gruppo imprenditoriale (Marcegaglia) che si era aggiudicato la gara per il completamento e la gestione trentennale delle strutture alberghiere» che avrebbe dovuto offrire «nuove forme di impiego per la manodopera qualificata e nuove e durature occasioni di occupazione» è rimasta solo l'eredità di un risarcimento di 39 milioni di euro che lo stato italiano dovrà versargli...

 

L'immagine struggente di Stefano Boeri, l'architetto che aveva firmato le opere a La Maddalena, a partire da quell'avveniristico, e ora fatiscente, Padiglione del Mare, che durante il G8 avrebbe dovuto ospitare gli incontri tra i capi del mondo, che si aggira nel 2014 in ciò che rimaneva di quel miraggio di sviluppo che sarebbe dovuto essere l'Arsenale, descrive perfettamente il fallimento dell'iniziativa.

 

Così come lo fanno molto bene anche le parole, dell'archistar milanese, che  suonano come definitive per la sua opera: «I fatti de La Maddalena stanno in un intreccio di cose perverse tra potere pubblico, interesse pubblico e interesse privato. Considero questo come un mio insuccesso, perché come architetto ho accettato di farne parte. Ho fino in fondo sperato che, nonostante avessi cominciato a cogliere che ci fossero delle compromissioni, sarebbe stato possibile portare a termine un progetto utile per il territorio ».

 

È oggi ormai evidente che, al di là di tutto il resto, non ci fosse uno studio di fattibilità serio dietro la decisione dell'imponente investimento a La Maddalena; che quel polo turistico di eccellenza prefigurato dalla Protezione Civile non avesse, al momento, i presupposti per una sostenibilità economica.

 

Sarebbe stato sufficiente osservare come operano durante l'anno i diversi porti della Sardegna nord orientale e le strutture ricettive della zona,  a partire da Porto Cervo e Porto Rotondo: sono pienamente operative solo per pochi mesi all'anno e arrivano a riempirsi solo per un paio di settimane a cavallo di ferragosto.

 

Come si potesse pensare che l'Arsenale di La Maddalena, con i vincoli ulteriori di essere su un isola nell'isola e più lontano da un aeroporto, potesse funzionare in maniera più efficiente è un autentico mistero.

 

Per questo non è credibile nemmeno la recente fiducia del governo regionale sardo sulla reale utilità dei 15 milioni di euro che il governo nazionale ha destinato a maggio 2016 per «il recupero edilizio nell’ex arsenale di La Maddalena ».

http://www.regione.sardegna.it/j/v/24?s=307832&v=2&c=57&t=1&c1=1408&na=1

 

Perché tra l'altro, come l'assessore regionale Maninchedda ha avuto l'onestà di scrivere sul suo blog, senza un progetto esecutivo, quell'importo comunque esiguo, frazionato in quattro anni e, per di più, con tempi di erogazione non precisi, non servirà quasi a nulla.

https://www.sardegnaeliberta.it/mi-sono-alzato-mi-sono-vestito-e-sono-uscito-solo-per-la-strada/

 

È dunque difficile ora, come lo sarebbe dovuto essere nel 2007 quando nacque il progetto di riqualificazione, poter immaginare un utilizzo sostenibile ed efficiente di una struttura così ampia e complessa, come dimostrato dalla fuga della Mita Resort, del gruppo Marcegaglia, che pure se le era aggiudicata per la cifra di locazione quasi simbolica di 60mila euro annui.

 

O meglio non è immaginabile un unico tipo di utilizzo, mentre  forse sarebbe più percorribile la strada di far convivere nei 155mila metri quadri dell'Arsenale, nei suoi 27mila metri quadri coperti, con due alberghi, il centro congressi , strutture polifunzionali varie e un porto turistico con centinaia di posti barca, più iniziative private, o parzialmente pubbliche con sponsor privati, compatibili tra loro che potrebbero insieme garantire occupazione, un ritorno economico sufficiente e finalmente la valorizzazione dell'investimento a beneficio della comunità locale.

 

Penso, per esempio, a un istituto internazionale di ricerche in campo marino e/o marittimo, a un residence per anziani del nord Europa, a un centro di allenamento velico, o altre iniziative, singolarmente sostenibili, che possano dare un ruolo e un futuro a una struttura che ha un potenziale inespresso enorme.  

 

L'alternativa è che quel buco nero di cui Stefano Boeri parla si allargherà sempre di più, fino a inghiottire quanto rimasto delle opere realizzate a La Maddalena e quelle centinaia di milioni di euro spesi.

 

Perché come ha scritto  Zaira Magliozzi su Artribune, almeno sinora, «la storia de La Maddalena è la storia dell'Italia (e della Sardegna). In grado di fare bene e disfare ancora meglio. Intrappolato nelle lungaggini, nella corruzione, tra logiche mafiose e clientelari. In cui lo Stato ricopre il doppio ruolo di vittima e carnefice. Da un lato perpetuando le dinamiche corrotte, dall’altro pagandone le spese. Senza riuscire, beffa delle beffe, a trovare una soluzione ».

http://www.artribune.com/2014/10/la-maddalena-il-buco-nero-parla-stefano-boeri/

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