
Plebiscito: dal lat. plebiscitum, comp. di plebs plebis «plebe» e scitum «ordine», der. di sciscere «stabilire, ordinare». Nell’antica Roma, ogni norma votata dalla plebe su proposta dei tribuni: in origine ebbe vigore di legge solo per la plebe, in seguito (dopo la lex Hortensia del 286 a. C.) fu vincolante per tutto il popolo. (Treccani)
Ma oggi il significato non è più quello dell'epoca romana !!!
Esiste una differenza sostanziale, eppure ben chiara a pochi tra il termine REFERENDUM e il termine PLEBISCITO.
Apparentemente potrebbero apparire quasi come dei sinonimi perché entrambi consistono in "consultazioni della popolazione".
In realtà quella che in epoca romana era una consultazione della plebe, promossa dai tribuni, su questioni politiche fondamentali dello stato, in epoca moderna ha assunto dei significati diversi.
In particolare oggi si distingue il Plebiscito come un voto promosso dal governo al potere, accompagnato spesso da una vasta propaganda, anche attraverso i media ad esso asservito, per spingere la popolazione a confermare le proprie scelte, dal Referendum che è invece ha origine in una richiesta fatta da una parte della popolazione (attraverso una raccolta delle firme necessarie) alla popolazione nel suo complesso affinché si esprima sulle decisioni prese dal potere politico (referendum abrogativo, confermativo o di revisione) o sulle proposte di nuove leggi suggerite da una parte della popolazione (iniziativa popolare).
Molta confusione si è fatta anche nelle scorse settimane evocando la democrazia diretta a proposito del referendum costituzionale italiano.
Si è trattato in effetti di un successo della democrazia diretta, ma proprio perché i cittadini hanno avuto successo nel far valere l'opinione della loro maggioranza, nonostante tutto.
Perché quello del 4 dicembre, nasceva ed aveva tutte le caratteristiche del plebiscito, come prima definito.
È stato promosso dal governo, aveva il supporto di gran parte dei media, godeva di un supporto anche finanziario estremamente sbilanciato tra i fautori del SI e quelli del NO, e per questo Renzi, sino a un certo punto era certo di avere la stragrande maggioranza in pugno (quando prometteva di abbandonare la politica in caso di sconfitta...).
Eppure il popolo e la sua volontà sono riusciti comunque a imporsi: un trionfo della democrazia diretta.
Ma i veri presupposti della democrazia diretta non sono certamente questi.
Un articolo, pubblicato dal magazine online Swiss.Info, offre una interessante lettura, proprio in questa chiave del referendum italiano, del referendum che ha decretato la Brexit e dei referendum svoltisi recentemente in Colombia e in Ungheria: quattro referendum, con caratteristiche comuni al plebiscito e quattro sconfitte per i governi che li avevano promossi.
Ecco perché SwissInfo titola «Democrazia nel 2016: (quasi) tutto è bene quel che finisce bene».
E scrive: «I plebisciti sono strumenti apprezzati dai dirigenti con tendenze autoritarie. In una democrazia moderna e rappresentativa, bisognerebbe evitare di ricorrervi. I plebisciti accrescono unilateralmente il potere, possono essere facilmente manipolati e rimettono in discussione le basi della democrazia moderna: lo stato di diritto, la separazione dei poteri e la protezione delle minoranze.
È per questo che molti cittadini britannici, ungheresi, colombiani e italiani hanno risposto picche ai loro leader.
L' anno che sta per concludersi ci ha impartito la seguente lezione: i plebisciti e la democrazia diretta sono due cose completamente diverse.
E, nella maggior parte dei casi, la popolazione non ha preso decisioni irrazionali e avventate come gli “opinion-leader” ai quattro angoli del globo vogliono far credere.»
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