Ricostruiamo il nostro puzzle: la Sardegna che vorremmo

 

 

La Sardegna offre oggi un' immagine sbiadita della meravigliosa isola che è, mentre i Sardi hanno perso la strada e sembrano un popolo senza un futuro.

 

Ma una soluzione c'è: è quella di rimettere tutti i pezzi al loro posto..... 

Qualche milione di anni fa il progetto divino, o il caso secondo i non credenti, ha disegnato una grande isola al centro di quel mare che si sarebbe poi chiamato Mediterraneo.

 

Un' isola con caratteristiche naturali straordinarie e di una bellezza sorprendente.

 

Poche migliaia di anni fa su quell'isola si è poi sviluppato un grande popolo che ha saputo realizzare con tecniche impensabili per allora migliaia di fortezze, torri, villaggi e altre opere megalitiche, dando vita a una civiltà molto avanzata.

 

Nel corso dei secoli seguenti, numerosi altri popoli sono entrati in contatto con gli abitanti di quell'isola, inizialmente per promuovere scambi economici e culturali, successivamente anche per conquistarla  con la forza e imporne il proprio dominio.

 

La storia ha così modificato nel tempo quel territorio e soprattutto la gente che lo abita, arricchendolo da una parte di una cultura composita e di una tradizione unica, dall'altra distorcendone le caratteristiche e snaturandolo.

 

Negli ultimi centocinquant'anni, quell'isola è infine diventata, e non per propria scelta, parte di una realtà nazionale con la quale non ha, né mai ha avuto, una grande affinità.

 

Quell'isola, la Sardegna, è oggi una copia confusa e sbiadita di quel disegno divino iniziale. 

E i Sardi, in queste complesse vicissitudini millenarie, hanno smarrito il loro naturale percorso non lasciando grandi speranze per il futuro loro e della loro terra.

 

Ma siamo certi che si tratti di un processo irreversibile, che non potrebbe invece essere bloccato e riportato sui binari corretti?

Siamo sicuri che non ci sia il modo di ridare a quel disegno iniziale tutta la sua coerenza e brillantezza, e che i sardi non possano tornare a costruire qualcosa di straordinario come facevano oltre tremila anni fa?

 

Noi  abbiamo un'idea precisa ! 

 

E la soluzione parte da una semplificazione che si rifà a un passatempo che conosciamo da quando eravamo bambini.

 

Chi infatti in vita sua non ha mai fatto un puzzle?

Sicuramente in tanti non sopportano un gioco come questo che richiede molta pazienza, tempo e impegno.

 

Quando si compra un puzzle, o lo si riceve in regalo, la scatola che lo contiene mostra, stampata sul coperchio, quella che è l'immagine da ricostruire. E si tratta sempre, o quasi, di una bellissima immagine, magari uno spettacolare panorama oppure un celebre dipinto.

 

Aprendo poi  la scatola si trovano i pezzi. Sono centinaia o migliaia di pezzi a volte simili, ma in tutti i casi con qualche particolare che li  differenzia l'uno dagli altri.

 

Ora immaginiamo uno Stato come un enorme puzzle, e le comunità che lo costituiscono come i suoi pezzi.

 

Per molti secoli, una larga parte dell'Europa era basata su poteri locali e su patti tra comunità contigue, ma non solo, che potevano avere carattere economico, militare o difensivo.

Era per esempio l'Italia, intesa come territorio, dei Comuni che si svilupparono nel Medioevo, dove erano le istituzioni cittadine a detenere il potere, governare e amministrare. 

Era l'Europa delle Città Stato della Germania del Nord o delle Fiandre.

 

Ed era anche la Sardegna dei quattro Giudicati, Torres, Gallura, Arborea e Cagliari. L'unico periodo della nostra storia, dopo l'epoca nuragica, nel quale i Sardi non sono stati dominati da governi stranieri.

 

Nonostante i papi, gli imperatori e i re tentassero di centralizzare il potere e far valere la propria autorità, in realtà si trovavano a dover fare i conti  con la volontà di libertà che partiva e si affermava nelle comunità cittadine o locali che difendevano le proprie individualità il proprio autogoverno.

Allora la Svizzera non rappresentava una particolarità, perché tutta l'Europa era  proprio come la Svizzera.

 

Il lento processo di accentramento del potere a scapito di quello locale culminò, con la rivoluzione francese, con la nascita di un nuovo modello di stato moderno, uno stato unitario, centralizzato, che controlla e conosce tutto e impone le proprie regole uniche su tutto il territorio, dal centro alle periferie.

Un modello che, pur con qualche differenza, con maggiori o minori forzature, si è realizzato, in tutta Europa, dalla Francia, alla Germania, all'Italia e che arriva sino all'Unione Europea, dove il potere si diffonde dall'alto verso il basso, nel tentativo di armonizzare e appiattire le singole identità locali.

 

È nel corso di quei secoli che è nato il fenomeno Svizzera.

Perché mentre il resto d'Europa seguiva il percorso appena descritto, la Svizzera, grazie alla solidità delle proprie istituzioni e  in virtù  della sua posizione, incastonata tra le montagne, per le sue dimensioni geografiche e demografiche limitate, per l'assenza di materie prime e accesso al mare, seppur terra di passaggio rimaneva comunque periferica rispetto alle logiche che avevano cambiato il volto del continente,  riuscendo a mantenere quella stessa struttura amministrativa e politica del Medioevo, facendola evolvere in senso moderno sino ad arrivare ai nostri giorni.

 

Lo stesso Napoleone Bonaparte, che pure l'aveva invasa alla fine del diciottesimo secolo tentando di imporre una repubblica centralista unitaria sul modello francese, dovette prendere atto dell'impossibilità di mantenere quel modello di stato in Svizzera e restaurare, dopo cinque anni di ingovernabilità, il precedente sistema cantonale.

 

Su queste basi si sono dunque sviluppati gli elementi più caratteristici della Svizzera attuale, che la rendono un modello assoluto di efficienza:

  • il federalismo che preserva il giusto spazio alle singole identità locali attraverso un potere suddiviso tra la Confederazione, i Cantoni e i Comuni, che dispongono di vaste competenze e di proprie fonti di entrate; 
  • il principio di sussidiarietà, secondo cui  tutto quanto può essere fatto da un livello politico non deve essere assunto da un’istanza ad esso sovraordinata. In altre parole, ai Cantoni spettano  solo  quei compiti che i Comuni non sono in grado di svolgere, e così alla Confederazione solo quelli che i Cantoni non potrebbero assumersi, come la politica estera, quella monetaria o la difesa;
  • la democrazia diretta che fa del popolo il vero sovrano dello stato, attraverso un potere che parte dal basso, perché è dai cittadini, e non dai rappresentanti che hanno eletto, che vengono prese le decisioni, con un ampio ricorso a tutti gli strumenti della democrazia partecipativa, referendum, iniziativa popolare e petizione;

 

Oggi la Svizzera, una nazione con quattro comunità linguistiche, culturalmente distinte, con religioni diverse, un esempio di integrazione, con oltre un quarto dei propri abitanti che sono stranieri, ha nella volontà di coesione dei propri cittadini, pure gelosi della diversità tra loro, la sua più grande forza.

 

Perché «la cosa più importante che la Svizzera ha da insegnare,  è molto semplice: la diversità si può difendere soltanto quando si trova un modo per vivere insieme. E per vivere insieme non ci vuole “ amore” per il vicino. Ad esempio non è un mistero, per esempio, che in Ticino vi sia un malcelato “ odio” nei confronti degli svizzeri tedeschi… » (J.Steinberg - Why Switzerland).  

Il pragmatismo degli svizzeri consente loro di guardare all'interesse comune, invece di far prevalere invidie e divisioni.

 

Tornando al puzzle dal quale siamo partiti, ciò che differenzia la Confederazione Svizzera dagli altri Stati occidentali,  e che ne fa un unicum al mondo, è che si tratta proprio di un puzzle perfettamente ricostruito che  riproduce fedelmente, e in grande, la bellissima immagine stampata sul coperchio della scatola.

 

Un puzzle dove ogni pezzo è, consapevolmente ed esattamente inserito al suo posto, con le sue  caratteristiche individuali, senza forzature deleterie.

 

Come è scritto in una brochure stampata dagli uffici federali per raccontare la loro nazione:

« 2715 + 26 = 1 ».

Dove 2715 sono i Comuni, 26 sono i Cantoni e 1, il risultato finale, è la Confederazione.

Un Puzzle che rappresenta un'indiscutibile eccellenza mondiale.

http://bit.ly/2khnUFp

 

Ma la Sardegna, cosa c'entra in tutto questo?

E quale esempio può trarre in una realtà apparentemente così lontana ? E poi, cosa c'entriamo noi Sardi con gli Svizzeri? 

 

Rispondiamo partendo dall'ultima domanda: noi Sardi c'entriamo con gli Svizzeri,  più o meno quanto c'entra un bancario cattolico di Lugano con un contadino protestante dell'Appenzeller. 

Eppure gli ultimi due sono entrambi, felicemente, Svizzeri ...

 

Venendo invece al primo interrogativo, la risposta non può che rifarsi al puzzle: la Sardegna è costituita da tanti pezzi quanti sono i comuni nell'isola, pezzi uniti a forza, senza guardare se l'unione è quella corretta, inseriti in un altro puzzle al quale non appartengono, quello italiano, creando un'immagine inguardabile che al più potrebbe rappresentare, un brutto quadro astratto.

 

A questo punto dovrebbe essere chiara anche la risposta alla seconda domanda. 

Per una vera svolta, con tutta la pazienza, tempo e impegno  richiesto agli appassionati di puzzle, occorrerebbe smontare i pezzi della Sardegna, dividerli da quelli italiani e ricostruire, secondo  l'abbinamento corretto, quel disegno che restituisca la meravigliosa immagine della Sardegna, oggi così grigia e confusa.

 

Una Sardegna finalmente arricchita e valorizzata dalle sue individualità e unicità, dove alle comunità locali siano attribuiti i compiti e le risorse, ma anche tutte le responsabilità per una migliore gestione del proprio territorio e delle specifiche potenzialità.

Una visione politica aperta che consenta una concorrenza corretta e positiva tra i Comuni, che garantisca loro il giusto supporto per consentire una competizione e uno sviluppo sano in maniera coordinata, ma non oppressiva.

Una Sardegna divisa in quattro Cantoni, come quattro erano i Giudicati nel Medioevo.

Dove il singolo Sardo, come la tessera di un puzzle, possa sentirsi parte integrante di un disegno comune, pienamente consapevole del fatto che la sua forza nasce da quella del suo vicino.

 

 

Solo così, come i nostri antenati nuragici, noi Sardi torneremo a costruire grandi cose nella  straordinaria isola di Sardegna

 

Questo è il manifesto  del  Canton Marittimo !

 

Questo è il nostro invito a tutti i Sardi:

 

RICOSTRUIAMO IL PUZZLE DELLA SARDEGNA, E RICOSTRUIAMOLO SULLA BASE DEL MODELLO SVIZZERO

 

 

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Commenti: 1
  • #1

    Gianmichele (sabato, 05 dicembre 2020 13:49)

    Non è utopico. Utopia è la situazione attuale per la Sardegna. Per me, personalmente, è l'unica speranza per uscire da questa situazione di crisi.