La Svizzera della Democrazia Diretta

Nell’immaginario collettivo, Svizzera significa prima di tutto cioccolata, orologi, poi banche, efficienza, puntualità e non ultima forza economica e finanziaria.

Chi poi vuole screditarla con un po’ di sarcasmo non manca di citare la famosa frase nella quale Orson Welles sosteneva che l’unica cosa che siano riusciti a fare gli svizzeri sia stato di inventare l’orologio a cucù (che in realtà è invece nato in Germania…. ). 


Nell’immaginario collettivo, Svizzera significa prima di tutto cioccolata, orologi, poi banche, efficienza, puntualità e non ultima forza economica e finanziaria.

Chi poi vuole screditarla con un po’ di sarcasmo non manca di citare la famosa frase nella quale Orson Welles sosteneva che l’unica cosa che siano riusciti a fare gli svizzeri sia stato di inventare l’orologio a cucù (che in realtà è invece nato in Germania…. ). 

Noi da mesi sottolineiamo invece come una delle più importanti peculiarità del modello svizzero sia quel sistema politico che la regge da secoli e che è alla base del successo e della unicità della Confederazione Elvetica, la cosiddetta Democrazia Diretta.

Per chi come noi è da sempre abituato ad assistere dall’esterno ai rituali della politica nostrani, ad avere gli “eletti” che decidono per noi, magari mettendo in scena gli assurdi teatrini degli emendamenti infiniti, a vedersi calare leggi e disposizioni dall’alto, quasi sempre incomprensibili e spesso non condivisibili, questo concetto di democrazia della Svizzera risulta poco chiaro e quasi avvolto da un velo di mistero.

Immaginare che i normali cittadini possano partecipare alla gestione della cosa pubblica ed addirittura influenzare i comportamenti e le decisioni della politica, come avviene in Svizzera, per noi che tutt’al più vediamo i governi di turno trattare con organizzazioni come i sindacati e Confindustria che nei fatti, rappresentano solo fasce molto limitate della popolazione, è tanto strano da sembrare quasi non credibile.

Eppure è la stessa legge svizzera che lo prevede esplicitamente. La Legge federale sulla Procedura di Consultazione” n° 172.061 dispone infatti che: 

“La procedura di consultazione ha lo scopo di far partecipare i Cantoni, i partiti e gli ambienti interessati al processo di formazione dell'opinione e delle decisioni della Confederazione. Fornisce informazioni sulla congruità di un progetto della Confederazione, sulla sua attuabilità e sul consenso che esso raccoglie ” – e gli stessi singoli cittadini interessati possono intervenire - “Qualsiasi persona o organizzazione può partecipare a una procedura di consultazione e rispondere presentando un proprio parere.”

In sostanza, il processo di produzione di una legge svizzera prevede la più ampia partecipazione sia di attori istituzionali che di semplici cittadini, i quali valutano, suggeriscono o propongono correzioni sulle bozze di legge preparate da apposite commissioni di tecnici incaricate di redigere quello che viene chiamato avamprogetto di legge, ancora prima che le stesse arrivino in Parlamento.

La forza costituzionale e la frequenza nell’utilizzo dell’altro pilastro della democrazia diretta svizzera, il Referendum, fanno si che il sistema legislativo svizzero sia un “sistema basato sul consenso”.

Il fatto che una decisione possa essere presa con la maggioranza formalmente richiesta è infatti una condizione necessaria ma non sufficiente perché la decisione sia realmente presa. È infatti necessario allargare il consenso, perché solo riducendo al massimo il numero degli insoddisfatti sarà possibile evitare il ricorso al corpo elettorale attraverso il referendum, e se pure ciò non fosse possibile, ad assicurare che lo stesso non smentisca le decisioni precedentemente approvate. E questo si ottiene solamente garantendo a tutti gli interessati la possibilità di partecipare al processo decisionale.

Quando sosteniamo che la proposta del Canton Marittimo mira ad una Sardegna Indipendente dall’Italia, ancora prima che all’adesione alla Confederazione Svizzera come 27esimo cantone, pensiamo proprio a questo modello ideale di democrazia, dove l’ultima parola spetta al popolo.

Dopo anni di dominazioni, avremo finalmente l’occasione di dimostrare che il popolo Sardo non è “pocos locos y mal unidos”.

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