Tre punti chiave per un confronto

 

 

 

Quella che in tanti hanno considerato come una semplice provocazione ha dato vita a  un ampio dibattito intorno alla proposta del Canton Marittimo.

Come era naturale che fosse, accanto ai tanti sostenitori dell’idea sono emerse anche le posizioni di chi è contrario e di chi è invece non ha fiducia nella stessa.

 


Quella che in tanti hanno considerato come una semplice provocazione ha dato vita a  un ampio dibattito intorno alla proposta del Canton Marittimo.

Come era naturale che fosse, accanto ai tanti sostenitori dell’idea sono emerse anche le posizioni di chi è contrario e di chi è invece non ha fiducia nella stessa.

Vediamo allora queste posizioni, non allineate, con la nostra convinzione che il Canton Marittimo potrebbe rappresentare una vera svolta per la Sardegna.

 

Partiamo allora dalla contestazione “tipo” che raccoglie meno consensi, ma che comunque emerge periodicamente tra i post:

1. “SIAMO ITALIANI E ITALIANI VOGLIAMO RIMANERE”

Abbiamo chiarito in tutti i modi, e lo ha fatto bene in particolare Marcello Spina definendo l’Italia come la nostra Patria. “Una Patria che è la terra dei nostri nonni, dei nostri genitori, che ci ha visto nascere e crescere, nella quale vivono i nostri affetti, nella quale ci sono i paesaggi, le montagne, le colline ed i fiumi a noi più cari.” Ed aggiungo, dove sta anche una parte importante della nostra cultura e della nostra storia. Una Patria che, come ha detto Marcello, continueremo ad amare sempre, che mai rinnegheremo o tanto meno disprezzeremo.

Non possiamo però nemmeno negare o nascondere, che lo Stato Italia, inteso come organizzazione politico-amministrativa abbia mortificato i propri cittadini, abbia trattato la nostra Sardegna come ultima ruota del carro, mai valorizzandola, e portandola inesorabilmente alla drammatica disperazione di oggi.

 

Passiamo alla seconda obiezione, anche questa discretamente gettonata:

2. “NON SI PUÒ FARE, PERCHÉ’ L’ITALIA E’ UNA E INDIVISIBILE. LO DICE LA COSTITUZIONE”

La storia, anche quella recente, ha dimostrato che i processi popolari, difficilmente possono essere fermati.

L’Europa ridisegnata dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, è oggi, solo settant’anni dopo, irriconoscibile. 

La dissoluzione dell’Unione Sovietica, e più in generale di tutto il blocco dell’Est, prima dominato dai regimi comunisti filosovietici. La nascita delle repubbliche baltiche, che ora addirittura aderiscono, con la Polonia, alla UE. La fine della Jugoslavia e la nascita di sei nuovi stati (7 considerando anche il Kosovo). La nuova Germania unita, con una nuova capitale Berlino, prima per decenni tagliata in due dal Muro. La Repubblica Ceca e quella Slovacca, nate sulle ceneri della Cecoslovacchia. L’isola di Malta, da una quarantina d’anni diventata indipendente dal Regno Unito. La meno conosciuta vicenda di una terra immensa, per quanto poco popolata come la Groenlandia, che dopo il referendum per l’autodeterminazione tenutosi nel 2008, ha ottenuto uno status molto simile alla piena indipendenza dalla Danimarca, tanto da poter uscire dalla UE, a differenza del regno scandinavo che tuttora continua a farne parte.

Per arrivare ai giorni nostri alla Crimea ed ai prossimi referendum per l’indipendenza della Scozia, promosso dallo stesso governo scozzese, a quello, ancora osteggiato dalla Spagna, promosso dal suo cuore economico, la Catalogna.

Tante nuove Nazioni indipendenti, nate in maniera diverse, a distanza di poco tempo, e non sempre a seguito di guerre civili o sommosse, o di altri tipi di azioni violente. 

Nuove capitali, città che invece ne hanno perso il rango. 

Nuove democrazie, nuovi regimi politici, il tutto a poche ore di aereo dalla Sardegna e sempre sulla base di un principio fondamentale, tutelato e promosso dalle Nazioni Unite, quello della Autodeterminazione dei Popoli.

 

Arriviamo così all'ultima, più delicata ed importante obiezione. A quella che come Sardi ci sta più a cuore:

3. “LA SARDEGNA PUÒ FARCELA DA SOLA. NON HA BISOGNO DI NUOVI PADRONI”

La nostra scelta della Svizzera, non è casuale, ma è nata da diverse considerazioni. Dalla efficienza gestionale ed amministrativa, dalla solidità economica, dalla credibilità internazionale, dal rispetto e tutela delle diverse identità linguistiche e culturali e, non ultima, dalla scelta di neutralità e pacifismo dimostrate dalla Svizzera. Ma soprattutto dalla valutazione della notevole autonomia amministrativa, fiscale e legislativa di cui potremmo godere in quanto cantone federale aderente alla Confederazione Svizzera.

Altro che padrone !!!

E come ha scritto Andrea Caruso, “le persone di buon senso che lavorano, cercano di formarsi al meglio per il proprio lavoro. Se hanno l'opportunità fanno dei corsi, cercano di imparare da esperti di comprovata reputazione, così come cercano di scegliere le migliori scuole per i propri figli” e dunque “cosa ci sarebbe di umiliante e poco dignitoso nel concetto di imparare la buona politica e la buona amministrazione da chi ha dato prova nei secoli di essere autorevolmente esperto nell'una e nell'altra?”.

Io aggiungo, per rimanere ad un paragone sportivo, in quale sport si potrebbe avere successo senza allenamenti? Quale disciplina, soprattutto parlando di sport di squadra, potrebbe fare a meno di un buon allenatore, per non dire ottimo se si punta al successo?

Noi vorremmo avere per la nostra “squadra” Sardegna il miglior allenatore disponibile: la Svizzera.

Tutto ciò senza contare poi di come possa essere concepito un futuro in un economia globale, come quella moderna, senza avere le spalle coperte da un organizzazione transnazionale che garantisca una forza economica, commerciale, una credibilità ed un “potere contrattuale” a livello internazionale che la Sardegna, la sua economia e la sua eventuale moneta non potrebbero mai avere.

Finiremo per essere stritolati nel giro di pochissimo tempo, diventando una sorta di terreno di caccia per investitori con più o meno scrupoli.

Sempre che non si pensi di rimanere, pur indipendenti come ipotetica nazione sarda, all'interno dell’Unione Europea, e sempre con l’euro come valuta.

Allora, tra una comunità di stati, governata dalle banche e dalle lobbies di potere, nelle quali la stessa Italia ha dimostrato di non poter contare granché, ed una comunità molto più piccola come dimensione geografica, ma con un’enorme credibilità economico-finanziaria internazionale, dove chi comanda sono invece i propri cittadini, noi preferiamo la seconda: questa è la Svizzera.

Non pretendiamo di convincere tutti, né tanto meno di essere i depositari della scienza esatta.

Speriamo solo di aver dato qualche spunto di riflessione a tutti coloro che costruttivamente vorranno continuare a proporci le loro critiche, le loro idee, seppure in contrasto con le nostre, ma con l’obiettivo comune di trovare il modo per fare tutti il bene della Sardegna.

Un piccolo spazio conclusivo lo dedichiamo a coloro che deridono, o peggio tentano di essere provocatori (stile bulletti adolescenti), senza nemmeno fare un’obiezione o, figurarsi, uno straccio di proposta alternativa. 

Sono quelli, pochissimi per fortuna, che preferiscono magari farsi (tra loro) quattro risate sul Canton Marittimo.

Nascondendo la testa sotto la sabbia e facendo finta di non accorgersi delle condizioni in cui viviamo noi e pure loro.

Di loro non ci interessa proprio. 

Ne possiamo far tranquillamente a meno!!!

 

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